L'uovo e la gallina

L'uovo e la gallina

La gallina bianca si distingueva da tutte le altre perché era candida come la neve e neppure la più piccola piuma era colorata.

Era molto bella ma non aveva mai fatto un uovo.

Lei se ne vergognava un pochino e si metteva nel nido come le altre facendo finta di covare questo benedetto uovo.

La sua padrona aveva qualche sospetto e la teneva d’occhio.

Bianca, così si chiamava la gallina, aveva pensato che fosse perché non le piaceva beccare i sassolini
come facevano le altre e per questo motivo non si formava il guscio.

Si sforzò tantissimo e un giorno mangiò talmente tanti sassolini da farsi venire il mal di stomaco,
ma niente da fare, l’uovo non veniva.

La padrona le preparò un nido a parte dicendole: 

“Bianca l’uovo devi farlo lì, ti terrò d’occhio”.

Trascorse una settimana ma il nido era ancora vuoto e la padrona si arrabbiò. 

“Bianca sono stufa di sfamarti per niente, se non ti decidi ti metterò in pentola”.

Bianca non sapeva fare le uova ma comprendeva il linguaggio degli uomini e si spaventò molto.

Cercò di rubare le uova dal nido delle altre per trasportarle nel suo ma lungo il percorso ne ruppe due.

La padrona se ne accorse
“non solo non fai le uova ma distruggi anche quelle delle altre, questo è troppo, domani in pentola!”

La fattoria si trovava vicino al bosco e Bianca decise di scappare via la notte stessa.

Quella notte uscì pian piano dal pollaio, le altre galline non si misero a starnazzare perché anche se in passato avevano invidiato Bianca per la sua bellezza e le avevano fatto dei dispetti, ora desideravano aiutarla.

Il bosco le faceva paura, c’erano la volpe, la faina e tanti altri pericoli ma meglio scegliere la vita anche se pericolosa alla morte in pentola.

Era una notte fredda il cane dormiva nella cuccia al calduccio e non si accorse di nulla.

Bianca aveva notato in precedenza un buco nella rete e là si diresse, il buco era piccolo ma a forza di provare e rimettendoci parecchie delle sue belle penne ce la fece ad uscire.

Si nascose dietro ad un cespuglio di felci ed attese che facesse giorno.

Nella parte più alta del bosco in cima ad un pendio aveva un nido un’oca selvatica che stava covando cinque grosse uova. 

La volpe aveva scoperto il suo nascondiglio e lei non si sentiva più sicura.

La notte precedente, con l’aiuto del maschio, aveva deciso di trasportare le uova in un posto più nascosto e riparato. Mentre le facevano rotolare, una scivolò lungo il pendio e finì tra le felci dove si trovava ora Bianca. Invano il maschio aveva cercato per tutta la giornata, aveva guardato anche tra le felci ma l’uovo era finito in un buco, una vecchia tana abbandonata da un istrice e non l’aveva visto.

Aveva perciò abbandonato le ricerche e si era convinto che l’uovo fosse già stato mangiato da qualche animale.

Appena fece giorno Bianca cominciò a guardarsi intorno, vide la tana dell’istrice e decise che andava benissimo per lei. 

Quando fece per entrare si accorse con grande stupore dell’uovo.

Mamma mia quanto era grosso!

Anche se non aveva nessuna esperienza l’istinto le diceva che bisognava tenerlo al caldo, con delicatezza ci salì sopra coprendolo interamente con il suo corpo.

Per una settimana non si mosse, era sfinita dalla fame e dalla sete quando iniziò a sentire il guscio dell’uovo scricchiolare. 

Si spostò di lato, dal guscio stava uscendo un grosso pulcino, lei che non aveva mai fatto un uovo era diventata mamma!

Che gioia! “ma come farò a sfamarlo?” si chiese.

“Per il momento mangerà erba ma occorreranno anche grano e granturco per farlo crescere bene.”

Ripensò alla fattoria, là ce n’era in abbondanza, nascose il pulcino nella tana e tornò alla rete, il buco c’era ancora, il granturco era al solito posto, ne prese quanto più potè in bocca e lo portò al suo piccolino.

Così ogni notte per mesi rischiò e lo nutrì.

Il piccolo cresceva ed era ormai grande il doppio di lei, uno splendido esemplare di oca maschio.

Era forte e sapeva già badare a se stesso, ora che le sue penne erano ben sviluppate sapeva anche volare in alto nel cielo.

Andava lontano a procurasi il cibo ma ogni sera tornava da Bianca, alla loro tana, ed ora era lui a difenderla come era successo quando si era ripresentato l’istrice che nonostante i suoi aculei aveva dovuto battere in ritirata.

Si stava avvicinando l’autunno, il pulcino come si ostinava a chiamarlo Bianca, era inquieto, sentiva per istinto che bisognava migrare, andare verso climi più miti dove trascorrere l’inverno perché non avrebbe potuto cavarsela col freddo e con la neve.

Nei giorni precedenti aveva già notato diverse oche selvatiche che altissime nel cielo volavano in formazione compatta verso Sud.

Poteva librasi in alto e seguirle, era pronto, le ali forti e robuste, il petto vigoroso coperto di lucide piume.

Nonostante tutto questo non voleva abbandonare Bianca, lei non poteva volare.

Bianca sapeva che bisognava decidere in fretta, le ultime oche stavano per partire, il viaggio era lungo e andava fatto in gruppo, il suo pulcino da solo non sarebbe riuscito ad affrontarlo, doveva convincerlo a partire ora insieme agli altri.

“Io me la caverò” gli diceva Bianca, 

“vai ci rivedremo la prossima primavera, ti aspetterò qui.”

Lui non si decideva e allora Bianca disperata gli disse: “mi sono stancata di questa vita con te qui nel bosco, stavo molto meglio alla fattoria, ho deciso che tornerò là”

“Ma perché vuoi lasciarmi? Stiamo così bene insieme noi due” disse lui. 

“Non è vero io mi sono stancata del bosco e anche di te”

Vedendo il dolore e l’incredulità di lui Bianca avrebbe voluto gridargli “ io ti amo come un figlio, sono costretta a dirti questo per farti partire e la prossima primavera sarò qui ad aspettarti!”

Ma non poteva, doveva raggiungere lo scopo e convincerlo.

Prima di potersene pentire cambiare idea si avviò correndo verso la rete, il buco c’era ancora, si precipitò dentro con tanta foga che tutte le piume della coda si strapparono. 

Era nel centro del cortile con le lacrime agli occhi quando guardando verso il cielo lo vide prendere il volo e salire, salire sempre più in alto finché si inserì nella formazione delle oche che si stavano allontanando.

Lei lo seguì con gli occhi finché divenne piccolo come una capocchia di spillo e sentì la gioia invaderle il cuore “era salvo”!

Era talmente emozionata che senza rendersene nemmeno conto fece l’uovo, il primo della sua vita; la padrona cui non sfuggiva mai nulla la vide e le disse:

“Brava Bianca era ora!”

Teresa

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